Le facoltà psicomotorie del bambino appena nato sono ancora in via di sviluppo: ad esempio, il sistema visivo completa la sua maturazione a 12 anni e si stabilizza del tutto con la maggiore età. Per camminare in modo autonomo, il bambino dovrà allenarsi molto gattonando, e migliorerà le sue competenze prassiche nel corso dell'infanzia e dell'adolescenza. 

E' evidente che la sua crescita dipenda in tutto dai genitori che lo hanno messo al mondo, e questa dipendenza non è soltanto materiale/economica. Il bambino esplora il mondo, applica le sue valutazioni, confronta, deduce concetti e significati degli eventi che attraversa grazie alle persone che sono di riferimento per lui.

Vorrei con questo articolo mettere sotto la lente di ingrandimento questa particolare attenzione che il bambino riversa sugli adulti di riferimento, solo con l'unico scopo di "parlarne". Una buona fetta di psicologia parla di questa relazione utilizzando nomi diversi come "attaccamento", "imprinting", "oggetto della pulsione", e così via. Qui in questa sezione vorrei parlare di questa situazione in termini umani perché mi rendo conto che molti genitori di oggi danno per scontato il loro ruolo di "caregivers", oppure non lo conoscono affatto.

Il bambino dipende dai genitori e questa dipendenza gli serve per affrontare il mondo. Nell'età precoce questo legame è molto forte ed intenso, ma non muore mai nel corso della vita: si è sempre genitori e si è sempre figli. Ma molti genitori, oggi, pensano di non essere necessari alla crescita dei loro figli per il benessere materiale di cui godono, "hanno tutto", si pensa. E, se si pensa questo, si pensa molto male. 

I bambini sono molto attenti alle espressioni facciali dei propri genitori: dai loro volti, i neonati di poche settimane di vita comprendono la gravità delle situazioni che stanno vivendo o, al contrario, la serenità. Si fidano ciecamente del proprio genitore, sanno di essere amati e che nulla il genitore potrebbe fare per nuocere loro. Si "aggrappano" alle loro parole, ai loro ricordi e racconti, la vita si "anima" a partire dalla considerazione che il figlio dà al proprio genitore. E' vero quando si dice che i figli sono doni del cielo: è affascinante sentirsi importanti per qualcuno, a maggior ragione per un bambino piccolo che ha tutto da imparare nella vita. Ma molti genitori oggi hanno difficoltà a sentire questa "emozione". Spesso frustrati dalle difficoltà della vita, possono provare dubbi, preoccupazioni ed angoscia nelle scelte, e non sentirsi all'altezza, rispondendo alle varie richieste dei figli con atteggiamenti "autoritari", che niente hanno a che vedere con il rapporto intimo e personale tra un genitore ed un figlio. Al contrario, può essere approcciato dal genitore uno stile "lassè-faire", declinando al figlio le scelte da fare, e lasciandosi portare dal figlio, diventando per lui un peso. 

La funzione principale del genitore è quello di portare il figlio a vedere il mondo, scoprendo insieme, attraversando delle esperienze insieme. Questa funzione di "prendere e portare con sè" un essere nel mondo, è ben esplicitata e mostrata in un cartone animato bellissimo intitolato "La chiocciolina e la balena" in cui una balena prende sulla sua coda una chiocciolina di mare per fargli vedere il mondo. Molti genitori hanno dimenticato questa loro funzione "semplice" che si potrebbe realizzare in modo semplice come con una passeggiata a prendere un gelato, il mostrare un animale al bambino, un luogo caro o un cibo o un gioco... 

I bambini sono curiosi e desiderosi di imparare ogni cosa, provate a portarli. 

Qui il link per vedere la versione integrata del film "La chiocciolina e la balena" https://www.raiplay.it/video/2021/10/la-chiocciolina-e-la-balena-48bfd07c-6a9b-4538-88ef-c07d25f82967.html