Oggi sono molti gli enti che propongono metodi di apprendimento innovativi ma soprattutto veloci, come se la velocità fosse il prerequisito principale per una buona riuscita nello studio e nella vita. Certamente questi venditori fanno leva sull bisogno aziendale di imparare velocemente per produrre di più, ma non è detto che questo processo faccia parte fattivamente della nostra natura umana e che risulti alla fine realmente proficuo. In verità non troviamo apprendimenti così "veloci" nemmeno in Natura.

Da un punto di vista fisiologico, per apprendere una qualsiasi cosa è necessario che la nostra attenzione sia focalizzata sull'oggetto da imparare; questa richiesta attentiva consuma un tot di energia nel nostro cervello man mano che il tempo passa (dopo un po' di tempo, ne consuma di più). Al contrario, se non c'è nulla di nuovo da imparare ma è già stato tutto assimilato e compreso, la spesa energetica corrispondente alla nostra prestazione sarà bassissima. Per fare un esempio: quando impariamo ad andare in automobile tutte le nostre azioni sono cariche di attenzione perciò molto lente inizialmente; tuttavia, una volta che ci facciamo l'abitudine, i vari processi si “automatizzano”, ovvero richiedono economicamente poca attenzione, perciò le possiamo svolgere “senza pensarci”, in modo automatico.

La velocità, quindi, è un concetto assai lontano da quello di “apprendimento” e riguarda, casomai, la conseguenza di una acquisizione oramai avvenuta e ben consolidata nel tempo.

L'immagine falsa di “apprendimento veloce” sempre più diffusa, contribuisce oltretutto a diffondere la visione stereotipica dell'apprendimento come un processo “unico” in cui la riflessione (che comporta un inevitabile spesa di tempo) è sinonimo di poca intelligenza, e dove ciò che conta è la “risposta” immediata del tipo “sì-no”, senza alcuna possibilità di ragionamento.
Con questo articolo voglio aprire una riflessione sull'idea comune di “apprendimento”, non solo scolastico, sfatando i falsi miti dell'efficienza in senso “automatico”, stile robot, che poco lascia spazio alla vera comprensione e soprattutto alla capacità di risolvere i problemi.

Nella fase di Apprendimento il tempo serve per produrre ipotesi, verificarle, confrontar le vecchie conoscenze con quelle nuove, e trovare un posto nel vecchio al nuovo. Per fare un esempio, immaginiamo una biblioteca con tanti scaffali: ogni libro conservato rappresenta una conoscenza; quando arriva un nuovo evento che noi attraversiamo, a conclusione di esso deduciamo un libro che poi riponiamo nella nostra libreria, decidendo dove-come-e-quando. E tale tomo verrà a rappresentare ciò che porteremo sempre con noi nella vita di quella esperienza.

Un bel lavoro quindi! E molto, molto creativo! dove non c'è spazio per la precisione e l'automaticità, ma al contrario necessità di spostare libri, spolverarli, riaprirli per vedere di cosa parlano, cambiare loro sede.... Il processo di apprendimento è creativo, così come attestano anche le nuove metodologie di studio come il "mind-mapping". Se osserviamo un foglio di appunti di Einstein ci rendiamo subito conto di quanto abbia bisogno la Mente umana di immaginare e di muoversi con la fantasia per poter comprendere qualsiasi cosa, anche astratta, non riferita ad eventi concretamente tangibili.

 

Apprendimento: Cognitivo ed Emotivo/Spirituale 

La Psicologia si è occupata da tempo dell'Apprendimento Cognitivo, e troppo poco di Apprendimento Emotivo. 

Saper leggere, scrivere, fare di conto, saper esporre una contenuto letto, etc... sono tutte abilità che riguardano la sfera "cognitiva", ovvero capacità legate al funzionamento di alcune aree cerebrali, a volte anche della capacità visiva o articolatoria/muscolare (sono capacità "strumentali", ovvero supportate da dotazioni di tipo fisiche). Di capacità emotivo/spirituali si parla davvero poco, sebbene siano il pane quotidiano di ogni psicoterapeuta di qualsiasi orientamento. L'Apprendimento emotivo riguarda la capacità di comprendere le emozioni provate rispetto ad un evento, la capacità di mettersi nei panni degli altri, la capacità di individuare modalità comportamentali (proprie come altrui), la capacità di far valere la propria posizione sebbene contraria a quella degli altri... e si potrebbe andare avanti all'infinito. 

Volendo fare un esempio, potremo immaginare di leggere un romanzo: la capacità di estrarre correttamente le parole del testo leggendole, è un apprendimento di tipo cognitivo; la capacità di collegare i discorsi appena letti con i nostri pensieri producendo emozioni, è un'altro tipo di apprendimento, "emotivo"; la capacità di estrarre da questa esperienza un contenuto per noi importante o meno rifacendosi ai nostri valori ed al nostro modo di stare nel mondo, e di esserne consapevoli, è un contenuto di tipo "spirituale/esistenziale". 

A scuola si dovrebbero insegnare tutti e 3 i tipi di "apprendimento", sebbene si privilegi ancora il primo, quello che i bambini incontrano entrando a scuola per la prima volta. Leggere un libro, infatti, non dovrebbe essere un'esperienza utile per farne il "riassunto", quanto per estrarne un contenuto personale e sociale, potendolo esprimere agli altri. Sono rari ancora oggi quegli insegnanti che arrivano ad insegnare a tutti e 3 i livelli (strumentale, emotivo e sociale).